Come si può diventare insieme più resilienti?
8.03.2020, Brunnen SZ
Perché è così importante in un futuro?
Nella nostra odierna società termini quali “mondo VUCA”, trasformazione digitale e “agility” sono molto diffusi. Molti esperti sono univoci sull’opinione che gestire bene i cambiamenti che incontriamo sulla nostra strada, richieda flessibilità, un pensare ed agire reticolato, nonché una buona abilità a convivere con la diversità, in senso umano.
Tutto questo è corretto. Eppure ci risulta molto difficile, in un mondo di possibilità e cambiamenti, sentirci felici in maniera costante. Spesso ci pervade una sorta di insoddisfazione di base.
Perché?
Nel mio ambiente privato e lavorativo, sento spesso parlare di situazioni difficili, simili ai due casi teorici qui sottostanti:
Felice (39 anni), è espatriato nella nazione XY, per iniziare un lavoro, che rispecchiasse il suo desiderio di innovazione e per poter contribuire in maniera tangibile e sensata ai bisogni della nostra società:
„Da quando ho traslocato per intraprendere il lavoro in XY, mi sento solo, e non ce la faccio a integrarmi del tutto in questo ambiente. Questo nonostante io adori il mio lavoro, nonostante che io mi dedichi a diversi hobby, e nonostante il fatto che i miei colleghi sul lavoro siano simpatici e cordiali. Le relazioni qui nel nuovo ambiente rimangono perlopiù superficiali. Mi mancano i vecchi amici, sentirli per telefono non mi basta alla lunga. Non riesco a essere completamente me stesso al momento.”
Elsa (55 anni), si è ritrovata da sola dopo una ristrutturazione. Il suo team è stato disgregato ed ora si ritrova a lavorare con un nuovo team virtuale sparso per tutto il mondo. Elsa ha grandi aspettative verso sé stessa e il suo lavoro in termini di qualità ed etica:
„Il mio vecchio team non esiste purtroppo più. Tutto è cambiato. Non so più come gestire tutto, sono parecchio sotto pressione. Mi accorgo che il mio lavoro non viene più stimato come una volta. La velocità di reazione e la quantità di risultati sono più importanti della qualità delle cose compiute. La cooperazione con i miei colleghi virtuali in Asia e America non è semplice. Soprattutto gli orari diversi in cui lavoriamo, danno adito ad attriti. Potrei chiaramente cercarmi un nuovo lavoro, ma mi manca il coraggio. Questa situazione sta anche pian piano influenzando in maniera negativa la mia vita privata, che fino ad ora era sempre stata una gran risorsa per me. Per fortuna al momento bado bene a me facendo regolarmente sport. “
In questi due esempi si possono intravedere diversi meccanismi di resilienza che queste due persone già detengono e usano.
Nel primo esempio di Felice, si denota un’apertura al nuovo (nuovo lavoro al di fuori della patria), la capacità di interagire con gli altri e fare networking (hobby e colleghi), nonché visioni e valori (intraprendere un nuovo lavoro per via dei propri valori di innovazione e di aiutare il prossimo). Nel secondo caso di Elsa, sussiste la capacità di relazioni profonde (contesto privato che è una risorsa per lei), valori (qualità ed etica) e cura di sé stessi (sport). Ambedue però non riescono con questi meccanismi ad andare del tutto avanti o a essere sereni. Il loro portfolio di meccanismi acquisiti non è abbastanza variegato per riuscire a controbilanciare del tutto il cambiamento in atto.
Per esempio: come percepisce Felice sé e il mondo circostante? Ha un’opinione e un atteggiamento di base positivi verso entrambi? Cosa può accettare, e cosa può cambiare nella sua attuale situazione? Quali possibili soluzioni potrebbero risultare fattibili per lui al fine di unificare la realtà passata con quella presente? O per svilupparsi ulteriormente?
Regolazione di sé stessi: quali emozioni lo pervadono? Perché e come potrebbe eventualmente trasformarle per renderle a lui utili? Come può creare nuovi rapporti profondi anche nella sua attuale situazione?
Anche nell’esempio di Elsa troviamo domande simili. La percezione della realtà: dove sono i confini per lei, e dove per il suo team virtuale? Cosa può fare Elsa per preservare i suoi confini/limiti/spazi? Voglia di imparare dalla attuale situazione: cosa può risultare di positivo per Elsa? Per la realizzazione di sé stessa nel futuro: dov’è che Elsa si vede tra 1–5 anni? Cosa le è importante? Quali sono le sue priorità nella vita? Etc.
Ognuno di noi ha già superato con successo cambiamenti nella sua vita. Spesso abbiamo delle strategie mentali, degli atteggiamenti preferiti e quasi automatici per superare certi cambiamenti difficili.
Nel futuro però ci saranno sempre più situazioni che richiederanno da parte nostra una flessibilità d’azione e di pensiero ben maggiore di quella a cui eravamo abituati in passato. Chi riusciva a gestire fino ad ora i cambiamenti con networking, forse potrebbe ritrovarsi all’improvviso senza un senso da attribuire alle sue proprie azioni. Chi fino ad ora ha avuto successo grazie ai propri valori, potrebbe in un nuovo contesto non sentirsi più apprezzato, e non riuscire a mettere in chiaro a sé stesso e agli altri i propri confini, ignorando così la realtà odierna. Specialmente chi percepisce da un punto di vista esterno le persone come Felice e Elsa, tra cui anche i loro capi in un contesto lavorativo, può tentare di aiutarli facendoli riflettere e dandogli impulsi per trovare la loro propria soluzione al cambiamento insoddisfacente. Non si tratta di fornire a queste persone, a questi collaboratori la soluzione che pensiamo possa essere giusta per loro, bensì di stimare ciò che essi hanno già compiuto di buono fino ad ora per cambiare in meglio la situazione e di animarli a sperimentare nuove possibilità e atteggiamenti. È poi la persona stessa che decide di iniziare e proseguire la sua ricerca di una soluzione alla sua momentanea situazione non appagante. Ed è importante che trovi la “sua” forma di soluzione, affinché sia un nuovo atteggiamento, strategia o meccanismo che possa venir integrato consapevolmente in futuro in situazioni analoghe.
In questo mondo pieno di cambiamenti viene richiesto a tutti, anche ai dirigenti, di avere il coraggio di lavorare in contesti insicuri e ambigui. Una meta può essere raggiunta tramite vie diverse, e persino la meta, a dipendenza delle condizioni date, può cambiare nel corso del tempo. Fare networking e imparare dalla diversità può incrementare le possibilità di imparare come raggiungere una meta con metodi diversi, o come risolvere un problema in una maniera inusuale. Umiltà, voglia di imparare, e apertura a conoscere gente, possono dunque aiutare a far propri nuovi meccanismi di resilienza e a superare con successo cambiamenti difficili.
Sussistono diversi libri sul tema «training della resilienza», o meglio, su come allenare la resilienza acquisita.
Per esempio il libro „Micro-Imputs Resilienz“ di Amann e Egger (2017).
In questo libro vengono illustrati i seguenti meccanismi/settori di competenza della resilienza acquisita:
- Capacità di improvvisare e disposizione all’apprendimento
- Ottimismo e visione positiva di sé stessi e del mondo
- Accettare ed essere in grado di discernere la realtà
- Orientamento alle soluzioni e creatività
- Regolazione di sé stessi e prendersi cura di sé
- Responsabilità per sé stessi e forza creativa per il proprio destino
- La capacità di relazionarsi e di prendersi cura della propria rete di relazioni
- Realizzazione del proprio futuro, visioni e valori
Nel libro si trovano esercizi e idee da mettere in pratica. A mio avviso però, basta conoscere la varietà dei meccanismi/ settori di competenza della resilienza, e detenere un comportamento da coaching costruttivo, per donare alle persone circostanti gli impulsi necessari per la ricerca della soluzione ai loro problemi.
Rimane importante comunque, soprattutto come dirigenti, verificare la propria percezione di sé stessi con la percezione che si ha di chi ci sta di fronte. Questo perché potrebbe accadere, che un dato tema o una data situazione ci emozionino troppo e/o abbiano un influsso sui nostri comportamenti. Effetti di transfert e controtransfert, oppure effetti alone etc. possono influenzare negativamente gli incontri di coaching con il dipendente (per le definizioni di questi effetti si legga il glossario alla fine di questo blog). Se si riesce a realizzare di essere affetti da uno di questi effetti, ci si può chiedere interiormente «cosa appartiene a me come emozione e pensiero, e cosa all’altra persona?». Discernendo cosa veramente è tematica del dipendente, e cosa non, si può riuscire a riguadagnare un’attitudine imparziale nei confronti della persona e a portare a buon fine il processo di coaching.
Come avete potuto constatare dalle mie righe antecedenti, la ricerca della resilienza è a dire il vero una situazione win-win per tutti. Ogni persona impara a conoscere aspetti e meccanismi di resilienza nuovi da chi gli sta di fronte, e a renderli eventualmente suoi per situazioni future. Visto sotto questa ottica, dirigente e impiegato imparano insieme e reciprocamente nuovi meccanismi per superare situazioni difficili future.
Questo mi porta all’ultimo punto che vorrei trattare oggi.
Perché, nonostante una marea di possibilità favorevoli, che si possono creare durante i periodi di cambiamento, e nonostante le nostre capacità in passato di superare situazioni non facili, continuiamo a essere insoddisfatti in date situazioni?
La gamma di meccanismi di resilienza è uno dei fattori chiave, ma non il solo. L’uomo (si veda il test della personalità «Big 5» citato in un blog precedente) ha un certo bisogno di stabilità. Certe persone più di altre. Se il «sistema» in cui ci muoviamo come individuo continua a cambiare (nuova posizione di lavoro, nuovo team, nuovo contesto o nuovi situazioni anche private), questo comporterà solitamente per la maggior parte di noi una fase di distress. L’uomo delle caverne si aggregò in gruppo per avere più successo nella caccia. Ma l’uomo preistorico non cambiava di continuo i suoi compagni o i suoi metodi di caccia. Fintanto che otteneva buoni risultati non cambiava di continuo strategia. Il nostro cervello funziona così ancora oggi. Abbiamo bisogno di fidarci di persone e di percepire una certa stabilità relativa. Solo allora ci sentiamo «al sicuro», protetti e sereni. Ahimè i «sistemi» odierni non hanno in genere una stabilità di lunga durata. Gruppi, contesti e situazioni cambiano in un battere di ciglia. Cosa ci può dare allora un po’ più di stabilità a parte i meccanismi di resilienza?
Visto che i cambiamenti hanno un grande influsso emozionale su di noi… anche la ricerca di possibili risorse per stabilizzarci è da ricercarsi in ambito emozionale.
Possibili risorse possono essere:
- Relazioni profonde e stabili, nonostante grandi distanze geografiche o basse frequenze di incontri
- Comportamenti costruttivi e di stima verso gli altri, e ricevuti anche nei propri confronti
- Autenticità e osare mostrarsi (nonostante la nostra vulnerabilità)
Ciascuno di noi ha già sperimentato le risorse soprastanti nella sua propria vita. Spesso però si ha la tendenza a pensare ad esse nell’ambito di situazioni passate o di relazioni di lunga data (professionali e private). Ma cosa succederebbe se le risorse qui sopra elencate venissero consapevolmente attuate/usate anche in contesti nuovi, con nuove persone, con nuovi team, nel corso di nuove situazioni? Cosa accadrebbe se si regalasse fiducia a priori, se il nostro atteggiamento fosse costruttivo e di stima verso gli altri, anche in contesti a noi sconosciuti? Se si fosse autentici e senza maschere fin dal primo momento in cui si conosce gente nuova? Se ci permettessimo di relazionarci in maniera profonda con il prossimo?
Questo approccio richiede molto coraggio. Chiaramente non ci saranno solo momenti di successo con questo tipo di approccio. Eppure si può guadagnare molto agendo in tal senso. I cambiamenti ci faranno meno paura e ci destabilizzeranno di meno, perché saremo in grado come individui di adattarci più velocemente ai nuovi sistemi in cui ci muoveremo. Anche per i leader/dirigenti questo approccio può comportare enormi vantaggi. Si viene percepiti più facilmente come personalità autentiche, congruenti nel proprio dire e fare. Si è più facilmente fonte di ispirazione per i propri dipendenti, e si può costruire assieme al proprio team qualcosa che, nonostante perenni cambiamenti, può risultare solido e duraturo.
Cosa caratterizza la vostra resilienza? E cosa pensate di questo tema?
La vostra Corina
Glossario:
Transfert e controtransfert
l transfert (o traslazione) è, in psicoanalisi, un processo di trasposizione inconsapevole per il quale l’individuo tende a spostare schemi di sentimenti, emozioni e pensieri da una relazione significante passata a una persona coinvolta in una relazione interpersonale attuale. Il processo è largamente inconscio ovvero il soggetto non comprende completamente da dove si originino tali sentimenti, emozioni e pensieri. Il transfert è fortemente connesso alle relazioni oggettuali della nostra infanzia e le ricalca. L’esistenza del transfert è supportata da numerose evidenze empiriche.
Il controtransfert è una reazione dello psicoanalista/coach al transfert del cliente. (Wikipedia)
Effetto alone:
L’effetto alone è un bias cognitivo per il quale la percezione di un tratto è influenzata dalla percezione di uno o più altri tratti dell’individuo o dell’oggetto. Un esempio è giudicare intelligente, a prima vista, un individuo di bell’aspetto (Wikipedia)
Effetto alone inverso:
In corollario alla teoria dell’effetto alone è l’effetto alone inverso, per il quale individui, marche o oggetti per i quali viene percepito un singolo tratto negativo sono conseguentemente giudicati negativi sotto molti punti di vista, facendo sì che la percezione negativa di un singolo aspetto da parte un singolo individuo possa influenzare la percezione di tanti altri individui.
Referenze:
Amann, Gabriele, Egger, Anna (2017). Micro-Inputs Resilienz. Lebendige Modelle, Interventionen und Visualisierungshilfen für das Resilienz-Coaching und ‑Training. Bonn: Manager Seminare Verlag.