La respirazione coerente al cuore ed i suoi benefici
19.06.2019, Brunnen SZ
Esistono molti studi su questo tema, o meglio sulla «cardiac coherence», la coerenza cardiaca.
Detto in maniera un po’ semplicistica, anche per gli non-scienziati tra noi, con questo termine si indica il fatto che il ritmo cardiaco è regolare e allineato con i meccanismi fisiologici della persona (per esempio anche con la respirazione). Meno “cardiac coherence” si ha, più il rischio è alto di difficoltà cognitive, emozionali o fisiologiche durante periodi di stress acuto o cronico.
Durante prolungate fasi di cambiamento dunque, una pratica giornaliera di riallineamento alla propria “cardiac coherence”, con la respirazione menzionata nel video, può apportare diversi benefici per la persona in questione.
Vediamo un po’ alcuni studi su questo principio. In McCatry et al. (2014) abbiamo un buon riepilogo su cos’è la “cardiac coherence”, da un punto di vista scientifico, sulle diverse situazioni e sui diversi benefici che la pratica di respirazione coerente al cuore può apportare. Molti di quest studi hanno cercato di trovare il legame tra coerenza cardiaca e la capacità di autoregolarsi fisiologicamente, di autoregolazione emozionale, di interazione sociale positiva, e di aspetti di automeccanismi di resilienza (coping styles).
Benefici cognitivi
Uno studio che ha dimostrato benefici cognitivi per esempio è quello di (Llyoyd et al., 2010), dove degli studenti affetti da ADHD (attention deficit hyperactivity disorder) sono migliorati sia in ambito di funzioni cognitive, quali memoria a corto e lungo raggio, capacità di focalizzare, nonché in ambito comportamentale sia a casa che a scuola. Sempre in senso di cognizione e performance sotto situazioni di stress, lo studio di Li. et al. (2013) ha potuto dimostrare una significante correlazione tra performance e coerenza cardiaca in piloti da combattimento.
Benefici fisiologici
Da un punto di vista fisiologico invece, si possono citare gli studi McCraty et al. del 1998 e del 2003. Nel primo studio i probandi, tramite tecniche di autoregolazione, hanno conseguito una diminuzione dei livelli di cortisolo nel giro di 30 giorni. Nel secondo studio invece, pazienti afflitti da ipertensione, nel gruppo che praticava esercizi di coerenza cardiaca, hanno beneficiato di una più grande riduzione di pressione arteriosa che il gruppo di controllo, che prendeva solo i medicamenti senza tecniche di autoregolazione. Anche i pazienti sani profittano fisiologicamente della coerenza cardiaca. Ci sono diversi esempi nell’ ambito dello sport. Deschodt-Arsac et al. (2018) per esempio, hanno studiato l’effetto dell’allenamento della coerenza cardiaca in studenti della facoltà di sport. Il gruppo che aveva eseguito regolarmente gli esercizi di coerenza cardiaca, risultava avere a fine studio dei livelli di ansietà meno marcati del gruppo di controllo.
Benefici emozionali
Sussistono inoltre diversi studi che indicano un valore aggiunto della pratica di coerenza cardiaca in soggetti altamente stressati o traumatizzati. Qui di seguito ne vorrei citare alcuni: il primo con soldati ritornati dall’Iraq e afflitti da PTSD (post traumatic symptom disorder) (Ginsberg et al., 2010), e quelli avvenuti con gruppi di polizziotti (McCraty and Atkinson, 2012; Weltmann et al., 2014). Lo studio fatto con i soldati, ha permesso a questi soggetti di autoregolarsi emozionalmente meglio, e di migliorare anche in diversi aspetti cognitivi. Nel caso dei polizziotti invece, l’autoregolazione emozionale in risposta a stressori sul lavoro e a casa, gli ha permesso di ridurre le emozioni negative. Inoltre ci sono state meno depressioni, e la vitalità e la serenità, come stati d’animo, sono stati percepiti più frequentemente. On top i polizziotti hanno menzionato che i loro rapporti famigliari sono migliorati e che anche la communicazione e la cooperazione sul lavoro ne ha tratto beneficio.
Per molti la parola “trauma” è in correlazione con episodi in cui il soggetto ha temuto per la sua incolumità fisica o psichica. La definizione in sé è corretta, ma è la individuale percezione dell’individuo che rende un evento traumatico. Anche eventi, che agli occhi di altri non appaiono troppo gravosi, possono avere un impatto traumatizzante. Spesso non si pensa che si hanno traumi anche in neonati e bimbi piccoli, a cui non è stata data ripetutamente una risposta adeguata alle loro richieste primordiali, e/o che per esempio bimbi con parenti a loro volta traumatizzati da eventi passati (guerra, abusi, genitori dipendenti), possano soffrire di traumi transgenerazionali (che si tramandano da generazion a generazione in maniera epigenetica). Alcuni di noi hanno sofferto di un trauma nella loro vita, e conoscono dunque l’esperienza di un pensiero o emozione che si intrufola in una situazione apparentemente normale quotidiana e che ci crea ansia o reazioni di ipervigilanza, impendendoci di vivere coscienti nel presente, e di autoregolarci o di interagire appropriatamente con gli altri.
È da tempo risaputo che l’amigdala gioca un ruolo importante in questi casi. Riuscire a ridurre la sua attività comporta un miglioramento nello stato della persona traumatizzata. Oggigiorno però si sa che i traumi sono anche correlati con l’incapacità di ritornare all’ omeostasi fisiologica e che la PTSD è strettamente correlata alla HRV (heart rate variability) e dunque alla coerenza cardiaca (Keane et al., 1998 e Shah et al., 2013).
Benefici nella coerenza sociale di gruppo
Addirittura sussiste l’ipotesi, che la coerenza cardiaca dell’individuo, se è in sintonia con quella delle persone di un gruppo, possa portare a coerenza sociale, definita come qui di seguito (McCraty, 2017). La coerenza sociale è definita come l’allineamento armonioso tra individui in coppie, unità famigliari, piccoli gruppi o organizzazioni più grandi, in cui esiste una rete di relazioni tra gli individui, che condividono interessi o mete comuni. Un alto grado di coerenza sociale si traduce in relazioni stabili e armoniose, che permettono un fluire e usare delle energie e della communicazione in maniera efficiente, al fine di un’ottimale coesione e azione collettiva. In altre parole, allenando gli individui a trovare e riconoscere la propria coerenza cardiaca, si può supportare la sincronizzazione della coerenza cardiaca tra gli individui, e quindi a favorirne comportamenti prosociali, come gentilezza e cooperazione, a migliorare la communicazione e a diminuire interazioni negative.
Lo studio della coerenza cardiaca e dei suoi molteplici effetti è in perenne sviluppo. Sicuramente è un concetto affascinante che deve continuare a essere esplorato a fondo con studi adeguati sempre più ampi.
Per chi fosse interessato a praticare la respirazione coerente al cuore un piccolo “reminder” dell’esercizio.
- Mettersi in posizione possibilmente comoda da seduti.
- Se si vuole, accompagnare la respirazione con pensieri positivi da pensarsi all’altezza del cuore.
- Inspirare in maniera più regolare/omogenea possibile per 5 sec.
- Espirare in maniera regolare/omogenea per 5 sec.
- Ripetere il tutto per almeno 5 min.
- Concentrarsi sul ritmo della respirazione e sulla omogeneità dei respiri.
- A chi questo risulta difficile può usare una delle tante app, spesso anche gratis, sulla “heart coherence”.
- Oppure chiudere gli occhi e durante l’ispirare disegnare una curva verso l’alto con la penna al ritmo del respiro, e durante l’espirazione lo stesso verso il basso. Ripetere fino alla fine dei 5 min. Si noterà che la curva verso l’alto e quella verso il basso a fine esercizio saranno più regolari e uniformi.
Spero l’articolo vi sia piaciuto e che vi sia utile
Un caro saluto
Corina
Guarda il mio video qui
Riferimenti
Deschodt-Arsac V, Lalanne R, Spiluttini B, Bertin C, Arsac LM (2018). Effects of heart rate variability biofeedback training in athletes exposed to stress of university examinations. PLoS ONE 13 (7): e0201388. https://doi.org/10.1371/journal. pone.0201388
Ginsberg, J. P., Berry, M. E., and Powell, D. A. (2010). Cardiac coherence and PTSD in combat veterans. Altern. Ther. Health Med. 16, 52–60.
Keane, T. M., Kolb, L. C., Kaloupek, D. G., Orr, S. P., Blanchard, E. B., Thomas, R. G., et al. (1998). Utility of psychophysiological measurement in the diagnosis of posttraumatic stress disorder: results from a Department of Veterans Affairs Cooperative Study. J. Consult. Clin. Psychol. 66, 914–923. doi: 10.1037/0022- 006X.66.6.914
Li, W.-C. Chiu, F.-C., Kuo, Y.-S., and Wu, K.-J. (2013). “The investigation of visual attention and workload by experts and novices in the cockpit,” in Proceedings of the 10th International Conference on Engineering Psychology and Cognitive Ergonomics: Applications and Services, ed. D. Harris (Heidelberg: Springer Berlin), 167–176.
Lloyd, A., Brett, D., and Wesnes, K. (2010). Coherence training improves cognitive functions and behavior in children with ADHD. Altern. Ther. Health Med. 16, 34–42.
McCraty, R., and Atkinson, M. (2012). Resilence training program reduces physio- logical and psychological stress in police officers. Glob. Adv. Health Med. 1, 44–66. doi: 10.7453/gahmj.2012.1.5.013
McCraty, R., Atkinson, M., and Tomasino, D. (2003). Impact of a work- place stress reduction program on blood pressure and emotional health in hypertensive employees. J. Altern. Complement. Med. 9, 355–369. doi: 10.1089/107555303765551589
McCraty, R., Barrios-Choplin, B., Rozman, D., Atkinson, M., and Watkins, A. D. (1998). The impact of a new emotional self-management program on stress, emotions, heart rate variability, DHEA and cortisol. Integr. Physiol. Behav. Sci. 33, 151–170. doi: 10.1007/BF02688660
McCraty R. et al. (2014). Cardiac coherence, self-regulation, autonomic stability, and psychosocial well-being. Frontiers in Psychology/Psychology for Clinical Settings. September 2014, Volume 5, Article 1090.
McCraty R. (2017) New Frontiers in Heart Rate Variability and Social Coherence Research: Techniques, Technologies, and Implications for Improving Group Dynamics and Outcomes. Front. Public Health 5:267. doi: 10.3389/fpubh.2017.00267
Weltman, G., Lamon, J., Freedy, E., and Chartrand, D. (2014). Police department personnel stress resilience training: an institutional case study. Glob. Adv. Health Med. 3, 72–79. doi: 10.7453/gahmj.2014.015
Ringraziamenti
Grazie al gentile Signor R. Peruta per l’aiuto con il video.